venerdì 28 agosto 2009

Uruguay. Aneddoti...







- In Uruguay ci sono 3,5 milioni di abitanti e circa 9 milioni di mucche. Vale a dire che ogni abitanteha a disposizione quasi 3 mucche...

- Al quinto posto tra i prodotti di importazione del paese, dopo petrolio, macchine industriali, energia elettrica e prodotti plastici c'è la Yerba mate. Un' erba utilizzata come infuso che gli uruguagi bevono perfino camminando per strada.
Per ulteriori informazioni sulla strumentazione necessaria e sulle diverse yerbas ecco un link interessante: http://en.wikipedia.org/wiki/Mate_(beverage)




Originale metodo di riscaldamento acqua in Cabo Polonio.

- A Montevideo ci sono moltissime spiaggie che si distendono, placide, per chilometri. Ma la vera particolarità é che dalla stessa spiaggia puoi immergerti un giorno nelle acque blu dell'Oceano Atlantico e il giorno dopo nelle correnti marroni del rio de la Plata.

- Non possiamo non fare un accenno alla principale festa uruguagia dopo la Navidad e il Carnaval. Si tratta della Fiesta de la Nostalgia : un evento che si svolge la notte del 24 agosto (approfittando della festa ufficiale del 25, ricorrenza dell'indipendenza del paese). Ogni locale propone feste, dai ristoranti alle discoteche, tutte rigorosamente con il tema del ricordo. Quindi musica, vestiti e persino trucchi anni 50 - 60 - 70 - 80 (in questi giorni è molto facile trovare nei negozi le tuniche argentate che usavano gli Abba, o i trucchi per dipingersi il viso come un chiarrista dei Kiss).
A seconda di ciò che ti rende più nostalgico, farai la tua scelta. Uruguagi...


Maschera del Carnaval : Pachamama

- Un ultimo accenno al cielo: non sprechiamo parole su quello che vediamo la notte sopra di noi, soprattutto quando ci troviamo in luoghi privi di luce.
Lasciamo libera la vostra immaginazione e, a chi è più interessato, lasciamo anche questo link informativo:
http://it.wikibooks.org/wiki/Osservare_il_cielo/Costellazioni_australi



Alba in Cabo Polonio

venerdì 21 agosto 2009

Consonanze

Madruguita ha smesso di contare i suoi anni da quando ne ha compiuti 80. Una voce stridula, qualche dente sparso e un'allegria contagiosa. Gli ultimi cinque lustri li ha passati vivendo in un casa-stanza a lato di una vecchia scuola dove alloggiamo da qualche giorno.
Una lampadina al neon alimentata da una batteria d'auto (caricata di giorno alla luce del sole) e una stufa a legna sono gli ultimi gingilli tecnologici di cui dispone.
La strada provinciale dista venti chilometri da qui e il primo centro abitato quarantacinque. Distanze irrosorie rispetto a quella di Madruguita dal tempo.


La vecchia scuola è gestita da Pablo, un campesino di forse trent'anni che permette di insinuarci nell'anima più profonda dell'Uruguay. Fatta di una naturalezza verde, ondulata, prospera e di un'umanitá semplice ma abbastanza distaccata. Direi contemplativa e vistosamente malinconica. Da cui, forse, la sensazione che in certi paesini regni invidia più che concordia; persino in un posto come
Cabo Polonio, paesello di quattrocento case sparse sulla spiaggia a cui si puó accedere dopo quaranta minuti di jeep non più di tre volte al giorno. Popolato da molti giovani pseudo-fricchettoni e qualche anziano pescatore, d'inverno si contano in tutto settantadue abitanti.
Ci aspettiamo di ascoltare, non necessariamente capire, la profondità o le speranze di certe scelte. Invece per quattro giorni sentiamo solo sparlare gli uni degli altri e viceversa; nella spasmodica attenzione allo sballo (per quanto abbiamo visto solo leggero). Così che ce ne andiamo più leggeri nel portafoglio che nell'animo.






Cabo Polonio: dalla finestra della camera.

Dopo i mesi di preparazione, cerebrale e non, al viaggio e gli 11000 chilometri finora percorsi, l'Uruguay non sembra poi cos¡ lontano. Non si prova quello stacco, temibile e squisitamente fascinoso, che ci si può immaginare a certe distanze ( e per di piú nell'emisfero australe). La cultura è molto vicina alla nostra, così come i visi e gli sguardi. Suscita meno impressione vedere uno spilungone biondo qui che nel centro di Palermo ( nonostante i Normanni).
O forse il tutto si può meglio spiegare così: l'Uruguay non è un posto di dissonanze. Piuttosto direi che è un posto di consonanze assurde. Puoi assistere ad un cambio della guardia, il venerdì ore 12 in
Plaza Indipendencia a Montevideo, in cui i diversi momenti vengono introdotti al microfono da una presentatrice. Puoi osservare un cane, in spiaggia fra gli scogli, che abbaia e gioca con un pinguino. Puoi utilizzare un bidè con uno spruzzino-doccia incluso ad altezza dei genitali. Oppure puoi constatare dal finestrino di un autobus che delle mucche stanno pascolando all'ombra di palme...




Per concludere: l'unica vera sensazione di distanza l'abbiamo avuta guardando sventolare davanti al palazzo legislativo una gigantesca bandiera uruguaya.





sabato 8 agosto 2009

"Guarda,usano ancora il calesse!" "No, sono i cartoneros"

La storia dell' Uruguay si fonda sulle gesta eroiche del bandito Josè Artigas. Fu il primo a capire che era meglio lavorare per se stessi piuttosto che per spagnoli o portoghesi. Di lui si narra che, in esilio in Paraguay, a capo di trentatrè valorosi uomini, distrusse l'armata portoghese in quattro fondamentali battaglie : Sarandì, Piedras, Rincon y Ituazingò. Provate a ripetere,  sussurrandoli, questi nomi, e potrete avvertire i brividi dell'impresa...





Qui a Montevideo la raccolta differenziata non esiste. O perlomeno, non nel modo in cui la intendiamo noi. Per le strade si vedono, pochi, cassonetti verdi. La basura accatastata ai loro lati. Niente di particolarmente sporco. Tutto mischiato, nulla diviso.
Loro compaiono al crepuscolo. Li puoi avvertire prima di vederli per il rumore degli zoccoli dei loro cavalli sull'asfalto. Il primo slancio, forse direttamente da ricordi dell'infanzia, è quello di individuare da dove viene lo scalpiccìo così fiabesco. È in questo modo che, come una palla di cannone fredda e grigia, fanno breccia nel tuo campo visivo. Un polveroso carro di assi di legno con due grandi ruote cigolanti, circondato da grandi sacchi di plastica nera o di tela grigiastra. Pieni o mezzi vuoti di materiale "cartonoso". Il cavallo che li trascina, magro ma lucente nell'opacità del quadro, e guidato da uno, spesso due, ragazzi dall'età indefinibile. Sporchi e cenciosi, procedono al trotto passando gli incroci come visioni. Si fermano d'improvviso. Il cartonero salta stancamente dal carro, si avvicina al cassonetto e rovista nella basura. In cerca di materiale da riciclo. Carta, soprattutto, ma anche plastica. Vetro non se ne trova, troppo prezioso. Tutto ciò che trovano da reciclare viene caricato in questi grandi sacchi, via via sempre più carichi di speranza. Poca.



Un lavoro umile,troppo per le nostre latitudini. Qui stanno iniziando ad associarsi per il riconoscimento dei loro diritti di lavoratori.
    
                                                                         

Ma il primo vero incontro diretto con l'Uruguay lo facciamo con la clase media. Attraverso Ivo, un ragazzo di 59 anni romano emigrato qui a Montevideo, conosciamo due donne sulla quarantina : Silvana (padre siciliano) e Rossana (padre abruzzese). Non deve stupire l'italianità dei loro nomi, essendo la normalità in questo paese (Paola Tarallo, guida del Teatro Solìs, o Lucia Bonomi Agazzi, candidata per le prossime elezioni politiche. Tutti rigorosamente uruguagi).Quindi si mangia a Pocitos, quartiere in, si ascolta tango,si beve vino rosso...si parla.

  
 (notare la somiglianza del suonatore di fisarmionica con Giorgino Sabaudo...)


Ed ecco affiorare, discreto come un sussurro e pesante come la storia, quello che penso si possa definire"complesso d'inferiorità".
Io parlo, e vedo annuire in automatico, persino laddove mi contraddico. Loro parlano, filo di tensione emotiva teso fra i denti. Si interrompono a qualsiasi gesto vagamente espressivo del mio viso. Ma soprattutto i loro occhi fuggono spesso. Sembrano attente a dire cose interessanti e mantengono un tono dimesso, quasi ad ogni frase. 

"......... tanto sapranno com'e`,no? il mondo..... loro sono italiani, europei..avranno visto di molte cose il meglio,no?......e che gli dico?....ciò che può essere interessante per me è chiaramente obsoleto per loro............."

Questa è l'impressione : discreta come un sussurro, pesante come la storia.
(ci teniamo a sottolineare che abbiamo frequentato per più giorni Silvana e Rossana e, nella loro quotidianità, si sono rivelate persone molto gentili, raffinate e spontanee).

In attesa di incontrare il pueblo, riflettiamo su questa timida e spaurita classe media. Camminando, bevendo Mate, respirando l'Atlantico.




                                       


  
 

domenica 2 agosto 2009


.......vamos!