Casualitá : non puó essere altrimenti questo ombelico di terra emerso in un punto chiaramente sbagliato. Lo stesso azzardo che ha naufragato qui una stirpe reale con sudditi piante e polli al seguito. Le megalomani statue che giganteggiano con le spalle al mare sembrano il vano e disperato tentativo di sconfiggere questa terribile possibilitá, qui cosí ovvia; di trovare una ragione, per lo meno un senso, e di trovarlo in 166 chilometri quadrati. Ma lo spazio é troppo poco e l'Oceano troppo rumoroso per poter trascurare quesiti misteriosi come la vita e profondi quanto la paura.
Solo la paura puó dare la forza di scolpire dalle montagne monoliti di pietra giganti decine di metri e centinaia di quintali. La paura e l'incredibile istinto di sopravvivenza ha permesso di trasportarli lungo le coste e di erigerli, con pietre e bastoni, come potenti protettori, disperata risposta umana all'ignoto. Nel concetto, in realtá, nulla di nuovo rispetto al resto del mondo. Resta peró il fascino di un posto cosí unico, selvaggio e squisitamente umano.
Ció che peró conosciamo della storia di questa terra é ben poco, per il fatto che una volta esauriti gli spazi in America, i figli creoli dei conquistadores hanno rivolto l'attenzione verso la Polinesia. Il massacro é stato rapido e le umiliazioni sono proseguite ufficialmente fino al 1960, anno in cui Rapa Nui ha smesso di essere il cortile dell'esercito cileno e i suoi abitanti (circa 400 sopravvissuti) sono diventati cittadini a pieno titolo.
Ma ribadiamo che il salto é troppo lungo, porta d'ingresso all'Oceania, altro popolo, altra profonda e fascinosa cultura, altri massacri. Se non proprio un'altra storia, sicuramente un'altra dimensione. E in tutta sinceritá la materia é troppa, preferiamo rimanere con la testa tra le Ande e lasciarci schiacciare col cuore da questi giganteschi moai. E la sera, imprigionati dalla pioggia tropicale e continua, giochiamo a dadi, rendendoci un'altra volta conto che, tira che tira, prima o poi uno Yatzé uscirá.