lunedì 18 gennaio 2010

Autarchia

Il leggendario lago Titikaka si ubica a 3800 metri d'altitudine e farci il bagno é stato un atto eroico di cui andremo fieri ad oltranza. Leggenda vuole che per volontá del dio Inti Viracocha, dalle sue acque siano nati i capostipiti della stirpe reale degli Inca, Manco Capac e Mama Ocllo.


Nel mezzo della sua placida maestositá sorge l'isola vulcanica di Taquile, perla antropologica. Ci vivono circa 2500 persone di lingua quechua in un regime di piena autarchia. Nulla, o quasi, é cambiato dal periodo precolombino. Intatti e ancora coltivati sono rimasti i terrazzamenti lungo le quattro pendici dell'isola, cosí come i sentieri di pietra costruiti piú di mille anni fa costituiscono la unica rete di comunicazione. Non ci sono auto, ovviamente, ma neanche cani, cavalli e ruote.

La comunitá é divisa in sei territori, ognuno dei quali riunisce diverse famiglie. Gli abitanti di ogni territorio eleggono annualmente e per alzata di mano un presidente, mentre l'alcalde mayor é eletto a suffragio ogni cinque anni. Solo le autoritá indossano un capello di alpaca; per il resto non ci sono differenze sociali e tutti vestono gli stessi abiti.
Non c'é polizia.
Il raccolto di ogni famiglia (patate, quinoa, fave, mais) viene accumulato e ripartito equamente tra tutto il popolo, cosí come i prodotti ittici. L'uccisione di una pecora, unico animale presente sull'isola, é una decisione collettiva.
Accanto alla sussistenza alimentare, vivono della vendita dei loro prodotti tessili, assolutamente unici, che espongono in un centro collettivo e i cui proventi vengono suddivisi tra le famiglie.

Per questo si sono aperti al turismo e ogni giorno sbarcano sull'isola un centinaio di vacanzieri a caccia del souvenir e della fotografia autentica. Due ore e mezzo per visitare l'isola. Lo stesso tempo che ci vuole per visitare lo zoo di Buenos Aires.
Ma sembra comunque che il turismo non abbia intaccato ancora l'autenticitá dell'isola. Sembra.

Decidiamo di fermarci tre giorni, due notti, con la sempre viva illusione (e speranza) di essere meno turisti e piú viaggiatori.


Dormiamo a casa della famiglia di Luis mentre mangiamo da Maria, moglie di Cesar. Siamo accolti nella loro vita, assaggiamo i loro sapori, condividiamo la loro quotidianitá fatta di lavoro e sorrisi. Assaporiamo il silenzio, respiriamo le Ande che circondano il Titikaka, la storia, la leggenda, un'isola fuori dal tempo, ancora una volta.

Il pugno allo stomaco ce lo sferra Cesar. Ci dice che i prodotti tessili che vendono nella cooperativa hanno prezzi fissi perché sono lavorati da tutta la comunitá. Lui, invece, ci propone i suoi prodotti con un piccolo sconto.
La conquista. Il tradimento per un pugno di dollari. Non ne avevamo giá parlato?

venerdì 8 gennaio 2010

L'odore della Bolivia

La Paz è la città delle cholitas con le loro gonfie gonne colorate e le loro bombette.
La Paz è la città dei bambini per strada che suonano un charango completamente scordato.
La Paz è la città dei borrachos che vagano per le vie senza una meta nel loro fragile equilibrio.
La Paz è la città dei cimiteri degli elefanti,
dove gli alcolisti decidono di suicidarsi bevendo fino all'ultima lacrima di chicha.
La Paz è la città di Oscar Martinez, sincero amico e profondo pensatore.
La Paz è la città dei minibus in cui donne vendono ai passanti destinazioni gridate.
La Paz è la città degli odori larghi e avvolgenti,
frutta dolce, verdura marcia, cotenna di maiale fritta.
La Paz è la città dei visi malinconici e tristi.
La Paz è la città in cui la via è mercato e il mercato è la via.
La Paz è la città dalla quale si sfugge esalando colla.
La Paz è la città-capitale più alta del mondo.
La Paz è la città dai bassifondi che dominano dall'alto i quartieri nobili.

La Paz è la città dove l'impossibile diventa possibile.



Vogliamo ribadire come viaggiare in paesi lontani permetta di comprendere il vero e profondo significato delle parole. Ci riferiamo in questo caso alla parola "precario", non nella sua forma sostantivata, molto usata in Italia, bensì nella sua accezione di aggettivo qualificativo.
È il 2003 in Bolivia. Il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada, che parla spagnolo con un forte accento americano, approva una nuova imposta su stipendi statali sopra un certo limite. I poliziotti ne sono coinvolti. L'istituzione "polizia" sciopera a tempo indeterminato.
Helter Skelter.
La voce si diffonde come un'onda sismica e la popolazione più povera, perenne schiava del sistema, si riunisce di fronte ai posti di potere e inizia un attacco con slogan e pietre. Scende in piazza l'esercito, ultimo baluardo di criminali al servizio del più forte.
È a questo punto che l'inimmaginabile salta l'immaginazione per concretarsi direttamente nella realtà.
Molti poliziotti scendono in piazza accanto al popolo. In Plaza Murillo è guerra. Barricate e armi da fuoco. Nel resto della città guerriglia. Per tre giorni La Paz è in stato d'assedio.
È il presidente "gringo" che pone fine alla mattanza e alla legge.
La polizia grida vittoria e cambia alleato.
Il popolo torna alla sua schiavitù in attesa di un'altra occasione.

Muro crivellato di colpi in Plaza Murillo


L'escursione costa 180 dollari. Quattro giorni attraverso il Sud-Est della Bolivia e lo spettacolare Salar de Uyuni per un totale di 1200 chilometri. Colazione, pranzo, cena e pernottamento in tre differenti rifugi.
Alla frontiera boliviana ci accoglie Francisco, un ragazzotto di 21 anni dall'aspetto decisamente più adulto. Guiderà la jeep 4x4 per l'intera durata dell'escursione. Autista, guida e persino cuoco.
Francisco guadagna 1200 boliviani al mese, vale a dire 160 dollari. Ha un giorno di pausa alla settimana, ma non essendo sotto contratto, il riposo diventa aleatorio.
Gli chiediamo dettagli.
Ci racconta che il 50% netto del prezzo da noi pagato va all'agenzia, proprietaria della macchina. L'altro 50% (90 dollari) è per i pasti (molti e sostanziosi), le tre notti, la benzina e l'ingresso ai tre parchi naturali, oltre alla tassa per il timbro di frontiera. Ciò che rimane al chofer Francisco, forza lavoro boliviana, tra le più economiche sul mercato.
Il vero pugno allo stomaco arriva quando aggiunge che il proprietario è un boliviano.


L'incredibile sconfinata piattezza del Salar di Uyuni, la più grande meraviglia naturale che finora abbiamo visto, ci permette considerazioni altrettanto fredde e ineluttabili su questo continente così maledettamente umano.
La conquista non è stata solo quella materiale e carnale perpetrata dagli spagnoli per più di due secoli; la conquista è stata anche e soprattutto economica. Il modello occidentale ha conquistato l'America Latina, quel modello indissolubilmente legato al capitale e al tradimento.
Il tradimento che Francisco subisce quotidianamente.
Il tradimento per un pugno di dollari, la più grande schiavitù dell'America di oggi.