domenica 13 settembre 2009

Garage Olimpo

Iniziamo a parlare dell'Argentina con un argomento che ci sta particolarmente a cuore. In Europa si parla molto dell'olocausto che il popolo ebraico ha sofferto nel ventennio nazifascista. Tralasciando le polemiche su come questo fatto sia quotidianamente "venduto" da una certa parte politica integralista in nome dell'ebraismo (citando Norman G. Finkelstein, ebreo e figlio di deportati, oggi insegna all'Università di Chicago), la questione è che non conosciamo pressochè nulla di altri olocausti, avvenuti con mezzi e metodi differenti, ma con uguale ferocia e crudeltà (e che tuttora si consumano in diverse parti del mondo, vedi appunto Palestina). Ci riferiamo qui in particolare agli otto anni di dittatura militare che han caratterizzato l'Argentina dal 1976 al 1983; e a quel "fenomeno" meglio conosciuto col nome delle sue vittime : desaparecidos. Non è nostra volontà raccontare gli avvenimenti storici qui e ora (ci si può facilmente informare con libri o attraverso internet).
Riassumiamo comunque in due parole ciò che quotidianamente avveniva : un apparato paramilitare, i grupos de tareas (nè esercito, nè polizia) era autorizzato a sequestrare i cosiddetti dissidenti, termine alquanto vago e attribuito a discrezione (personale) di chiunque avesse un po' di potere. Socialmente spariti, i sequestrati venivano portati in centri di detenzione clandestina, la maggior parte dei quali si trovavano in pieno centro di Buenos Aires (ad esempio un edificio della scuola della marina militare argentina, la EMSA, oggi Museo della memoria), e lì venivano sistematicamente torturati. Per poi essere gettati con aerei di Stato in pieno oceano. Già morti o il più delle volte ancora vivi.
Dopo il ritorno alla democrazia, qualcuno pagò ma i più sono rimasti impuniti grazie a due leggi-amnistia promulgate da Menem (da poco nuovamente annullate perchè dichiarate incostituzionali grazie alla magistratura.. giusto quel potere che in Italia vogliono eliminare..)

Ancora oggi le madri dei desaparecidos, riunite nell'associazione Madres de Plaza de Mayo, ogni giovedì dalle 15.30 alle 16.30 sfilano nella piazza 25 de Mayo davanti alla Casa Rosada (sede del potere esecutivo) rivendicando giustizia. Lo fanno da 30 anni, con quella tenacia che solo le donne possiedono.

Arriviamo qualche minuto prima e troviamo già un'atmosfera densa d'emozioni. Le madri dell'associazione sono facilmente riconoscibili per via della bandana bianca che indossano come copricapo. Sono una ventina, sparse attorno al sottile obelisco marmoreo che centra la piazza come il braccio di un compasso. Alcune vendono spille e libri documentaristici dietro ad una bancarella; altre condividono parole e ricordi con chi è disposto ad ascoltare. Il nostro interesse è catturato in particolare da un gruppo di giovani scolari che circonda, quasi inghiotte, una piccola donna anziana, stereotipo di nonna. Sta raccontando di come hanno sequestrato la figlia, in pieno giorno. Gli occhiali opachi e la voce bassa ma ferma rendono i suoi occhi inumiditi dal ricordo un'immagine indelebile nella nostra mente.
Alle 15.30 rintocca la campana della Catedral, e puntuali le madres della piazza si riuniscono dietro ad uno striscione blu che recita : "Contra la riqueza y la oligarquia terrateniente" (Contro la ricchezza e la oligarchia padrona).


Si leva un timido applauso di incoraggiamento dalla folla che si è pian piano accumulata nella piazza. E queste donne, la cui più giovane avrà sessant'anni, nè fiere e nè orgogliose, ma dalla disarmante perseveranza, iniziano la marcia circolare, lenta, quasi ritmica, attorno all'obelisco.
Partecipiamo, come molta gente comune. Spuntano foto, manifesti, visi di figli spariti. Scopriamo che parallelamente a questo olocausto si è sviluppato un giro di adozioni clandestine di bambini figli di desaparecidos. In tutto circa cinquecento. Senza possibilità di individuarli.
Il nodo alla gola si stringe un po' e, alla fine della marcia, durante un altro applauso di due minuti, la commozione è diffusa.


Le ferite non solo sono ancora aperte, ma sanguinano copiosamente: fatto recente è l'intimidazione ricevuta dalla presidentessa dell'associazione (Hebe de Bonafini) che si è trovata la porta di casa crivellata di colpi...


Ma la densa goccia d'angoscia in questo mare di rabbia è la nostra constatazione di come le libertà individuali, persino nel nostro "avanguardista" mondo Occidentale, non siano un dono a priori,ma debbano essere continuamente difese. In questa tremenda deriva del "senso critico" non conosciamo più il significato delle parole, ed è così che releghiamo termini come "ignoranza", "olocausto", "dittatura" a tempi passati, lontani. E non indaghiamo più sull'imponente significato che hanno.
E allora penso al mio paese, dove esiste la censura. Penso al gesto di Borghezio, che disinfetta i treni su cui viaggiano gli stranieri. Penso ai passatempi interattivi come "rimbalza il clandestino" e a dichiarazioni di come sia legittimo torturarli. Penso agli avvenimenti occorsi nella caserma di Bolzaneto. E infine penso che nel mio paese c'è chi opera affinchè l'odio sociale cresca, affinchè il terrmine democrazia cambi significato, e affinchè si trovi un capro espiatorio su cui concentrare l'attenzione e la propria frustrazione. Ovvero, il dissidente/clandestino di turno.

Vogliamo concludere consigliando a tutti (come tempo addietro hanno consigliato a noi), uno dei tanti film che trattano di questo argomento : Garage Olimpo. Non è un documentario, è semplicemente un film. Direi, d'azione.

Video : www.youtube.com/watch?v=lk8vpuajKGc

12 commenti:

  1. Hola, Valentina y Giovanni. Somos Elisa y Miguel.
    Ya estamos de regreso en nuestra ciudad. Les hemos escrito algunos mensajes la semana pasada pero no hemos recibido respuesta.
    ¿Dónde se encuentran? ¿Ya están en Salta?
    ¿Cómo les fue en vuestro viaje por el Sur?
    Nosostros lo pasamos maravillosamente.
    Nos encantó conocerlos y esperamos que sigamos en contacto.
    Les mandamos un abrazo y quedamos a la espera de vuestras noticias.
    Elisa y Miguel

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  2. Nel test di ingresso di medicina di quest'anno c'era proprio una domanda sulle "Madres de plaza de Mayo". lo, tralaltro, l'avrei sbagliata.

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  3. Le Madri di "Plaza de Maio"...
    Non ne parla più nessuno. Credevo non ci fossero più.
    E invece ...sfilano ancora.
    Deve essere proprio difficile dimenticare un figlio (o figlia)strappato sotto gli occhi, portato via e poi...scomparso...
    Uno pensa: Vado alla Polizia e Denuncio. E alla polizia ci và e denuncia. E piano piano capisce che la polizia non farà niente. Non succederà Nulla.
    L'ho visto "Garage Olimpo".
    Davvero Straordinario per come mostra
    come dietro il banale quotidiano possano crescere e formarsi abusi e sopraffazioni "legali."
    E purtroppo anche Attuale, con i vs richiami a Borghezio e Bolzaneto.
    Grazie per avercelo ricordato!

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  4. L'olocausto o gli olocausti quotidiani consumati
    dagli uomini su altri uomini, ci sono molti modi
    per uccidere, alcuni sottili, astuti, impercettibili, per torturare, procurare lacerazioni irreparabili nella mente, olocausti quotidiani si consumano in mome della legge(che è sempre del più forte, il più ricco, il più cinico)in ogni posto, è sono sopraffazioni, eliminazione anche fisica se necessario delle persone scomode..accade nel nostro mondo popolato di mostri ciechi crudeli, un mondo dove
    devi tremare e nasconderti, dove la tua opinione
    conviene soffocarla quando è controcorrente.Che fare, diceva Gramsci? qualcosa si può fare allo stesso modo, cioè non essere mai complici, dare nel nostro piccolo un esempio di fratellanza, di lealtà, di solidarietà, poi, fra migliaia di anni,chissà, un mattino qualcuno dirà che tanti anni fa la Terra era popolata da mostri disumani!!

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  5. come si può rimanere indifferenti...
    la storia dei desaparesidos di tanti anni fa è come se avvenisse oggi in molte parti del mondo..
    mentre i responsabili di quello e di altri stermini circolano liberamente per le strade con la fierezza e l'orgoglio di essere stati dei mostri...

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  6. questo video può solo farci tristezza....e schifo.....vogliamo solo andarcene da qui prima possibile...un bacio....state lontani da qui adesso che potete!!..

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  7. "Che Fare?" lo diceva LENIN precisamente nel 1902, cioè quando Gramsci aveva 11 anni. Basta fare falsa informazione!
    ciao

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  8. "che fare" è anche il titolo di uno scritto di Gramsci
    su "Il Riformista" del 18 aprile del 1923, non faccio falsa informazione, chiarisco!

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  9. Che fare? A firma Giovanni Masci,in realtà Antonio Gramsci,è pubblicato sul periodico "La voce della gioventù" nel novembre del '23.Lei fa riferimento,con inesattezze perdonabili ma che certamente non chiariscono,ad un articolo scritto su "Il Riformista",testata nata nel ottobre 2002 (Polito- Velardi),il giorno 18 aprile 2007.Ciò che intendo sottolineare è la necessità di andare diretti alla fonte,per evitare,come certo Lei vuole fare,di dare falsa informazione.Ciò detto speravo di trovare un interlocutore con senso dell'umorismo, e sono sicuro che il suo tono, come il mio, sia semplicemente "inacidito" dal mezzo poco umano.
    Nulla di personale.
    La ringrazio per lo spunto di riflessione.

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  10. "che fare?" in definitiva lo ha detto Lenin, Gramsci, Silone, lo hanno detto milioni di persone di fronte alla sensazione d'impotenza verso le ingiustizie che subiscono; nel contesto avrei potuto omettere il riferimento a Gramsci senza alterare il senso di ciò che ho scritto, però non c'era umorismo, nemmeno velato nel Suo scritto, c'era, bensì, alterigia, disprezzo, polemica gratuita, quasi una ricerca cavillosa per poter, dall'alto della sua cattedra decadente, mettere in evidenza una futile superbia....non c'era umorismo, anche il mezzo poco umano riesce ad evidenziarlo, c'era arroganza e presunzione. Questo non mi piace per cui chiudo il discorso per sempre con Lei!!

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  11. Viva le cattedre. Lunga vita ai libri, allo studio, alla ricerca cavillosa della verita`.
    A morte wikipedia.

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  12. che fare? lo dissero centinaia di persone prima di Lenin e Gramsci mentre, tagliandosi la barba, si sono ritrovati ad osservare nella propria mano il lobo del loro orecchio sinistro.

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